martedì 15 luglio 2014

Tutta la verità sul Bucket Hat


O più comunemente, tristemente noto come Cappellino alla Pescatora
O alla Pescatore
O da Pescatore.

Nel dubbio, continuiamo a chiamarlo glamourosamente Bucket Hat, così ci sentiamo meno in colpa e anche la più piccola ombra di vergogna che ci minaccia può svanire.


Procediamo.




Qualche sera fa discutevo, con alcuni miei amici, di questa nuova e folle moda del Cappellino alla Pescatora Bucket Hat. 
– Dicci che disapprovi, vero?– Mah veramente… Ho iniziato ad approvare…– Ma noo… dai fa cagare vez.– Lo so.

Lo so, eppure la stylist che è in me ha iniziato a nutrire una certa simpatia per questo copricapo. Anzi, diciamo la verità, per l'ennesima volta ho subito il fascino non discreto del magggico mondo della Moda.


– Oh Cecia [come usano chiamarmi gli amici del mio paese ndr] scrivici un post! – Sì, certo. La moda dei Cappellini alla Pescatora e Michele Misseri.
– Scrivi un post su come lui sia un incompreso e di come abbia lanciato la moda   del Cappellino alla Pescatora prima di tutti.  
[ sguardo di Satana ]  
– Lo scrivo subito.

Inevitabile come Mauro Repetto quando si parla di Max Pezzali, così è per me Michele Misseri quando si nominano i Bucket Hat. 
Perdonatemi l'impietosa battuta, ma il binomio mentale Zio Misseri = Cappellino alla Pescatora è inscindibile, è un'unione armonica, naturale, ormai automatica per i meccanismi contorti del mio cervello.
Se prima associavo questo copricapo ai disagiati rimasti con l'orologio biologico agli anni Novanta, oppure ai pescatori o ai bambini in spiaggia, costretti ad indossarlo dalle loro nonne, da qualche anno ormai per me è solo Misseri.

E così già mi vedevo a scrivere un post trasharrogante con tanto di fotomontaggi fatti male.
Placate le risate di follia malvagia, ho avuto un momento di buonsenso e di lucidità: è di cattivo gusto? Una vocina remota nella mia testa ripeteva che non era una buona idea. 
Forse, chissà. Nel mentre che noi riflettiamo e risolviamo l'annosa questione etica di questa brutta faccenda, io vi propongo un post Trend Alert: Bucket Hat senza brutte foto e affermazioni insensibili.





Dedicato a Luca.


Occasionalmente esce fuori qualcuno con un Bucket Hat, crede di essere figo, viene deriso e la faccenda finisce lì. Fino alla prossimo volta, così è la storia.
Quest'anno, non si sa come e, soprattutto, non si sa perché il buffo copricapo ha conquistato più di un cuore coraggioso, diventando un vero must have di stagione.

Santa Isabella Blow veglia su di noi e proteggici.

Mentre il Bucket Hat sgomitava e si faceva notare, imponendosi come the new black della stagione, la mia posizione nei sui confronti ha subito le tipiche fasi che si provano quando emerge un nuovo, opinabile, brutto trend. 
Diciamocelo dai: è brutto. 


Iniziale Disgusto; 
Accalorato e combattivo Astio; 
Risentita Accettazione; 
Indifferenza e Superiorità; 
Approvazione e Apprezzamento – esclusivamente da un punto di vista di stylist.
Ironico Desiderio;
Lo voglio per farci le foto su Instagram come Rihanna;
[non ancora avvenuto] Lo voglio a tutti i costi, deve essere mio. 
[non ancora avvenuto] Ci esco la sera perché è figo.



È la prassi di tutti, credo.

Come se non bastasse i vip di mezzo mondo continuano a sfoggiare a testa altissima i loro Bucket Hat, in ogni occasione e di ogni tipo.
E noi continuiamo a farci abbindolare e a volerlo nel nostro armadio – li mortacci loro

 Justin Bieber 

 Leonardo di Caprio

 Miley Cyrus

 Rihanna

Pharrelli Williams – che non so se sia peggio questo o il Cappello Parlante di Harry Potter firmato Vivienne Westwood.



E noi poveri mortali dove possiamo trovare e comprare un Bucket Hat?
A parte i mercatini dell'usato e i punti vendita della Caritas, ecco qualche altro modello che potrebbero soddisfarci tutti.

Colori e grafiche cartoon per Altamont, che vedrei benissimo su mia nipote, se non fosse per quelle donnine in bikini.



Huf propone temi floreali in ogni salsa: dal gusto esotico, stilizzati e psichedelici come le grafiche anni Novanta di MTV. 


New Era passa dal acid-maculato di Jeremy Scott, al cappellino versione safari, senza dimenticarsi però i vari modelli dedicati alle squadre di basket americane. 


Un po' di California qui? Ci pensano i capellini firmati Stussy, tralasciando quello vagamente infantile con topolini da fiaba 2.0. Sempre perfetto per mia nipote però. 


Classicone per la North Face. Ma quanto siete pronti e coraggiosi per la versione con lacci? Io salto il turno, sono codarda. 


A tema joint per la linea d'abbigliamento di Tyler the Creator. Chi altro sennò?



A Bologna invece giravano questi cappellini camo qui realizzati da The Elephant Skin
Dal mio silenzioso stalkeraggio online, mi sembra di aver capito che si tratta di una edizione limitata di pochissimi pezzi. 
E mi domando perché non mi abbiano regalato un cappellino in quanto famosissima, fighissima e trend influencer di Borgo San Pietro. 
Spero di sbagliarmi oppure speriamo in una nuova collezione di Bucket Hat, intanto teniamo gli occhi a aperti e seguiamo il brand. 




Per concludere il post, vi racconto una storia:
Da più di un anno avevo in cantina enormi scatoloni stracolmi di vecchi vestiti imbarazzanti, tra cui decine di Bucket Hat di ogni tipo – nero in pelle, floreale, in pvc lilla, in jeans, eccetera. Stamattina sono andata a dare un'occhiata e, udite udite, tutto scomparso, tutto gettato in qualche cassonetto della spazzatura da mio padre, ma lui nega.
Ho avuto un tesoro della moda sotto il culo per mesi e mesi, ma purtroppo il tempismo non è mai stato il mio punto forte.

Poco male, mi consolo con gli stickers per le foto, in attesa di trovare uno giusto da sfoggiare. Su Instagram, solo su Instagram per il momento.


E adesso basta, non voglio più sentire o scrivere o leggere le parole Bucket e Hat per almeno un anno. Meglio Cappellino alla Pescatora.



Cecilia

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